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In collaborazione con Corrado Fontana, giornalista di Valori.it

Tamalacà, con un nome che suona un po’ esotico ma è solo l’acronimo di Tutta mia la città, e include una connotazione che definiremmo glocal, è nata nel 2013 a Sassari. È una srl e sta crescendo. Si tratta di un cosiddetto spin-off sostenuto dall’università, cioè una derivazione imprenditoriale scaturita – in questo caso – dal laboratorio di ricerca multidisciplinare attivo nel dipartimento di Architettura, design e urbanistica di Alghero, che fa parte dell’Ateneo di Sassari. Fondata e amministrata da Valentina Talu (urbanista specializzata nel rapporto tra città e gruppi di soggetti vulnerabili) ed Elisa Ghisu (storica con esperienza nella didattica museale) ma cuore e cervello dell’impresa sono le donne (insieme alle prime due, Chiara Soletta, Nicola Solinas, Eleonora Re e Giulia Tola); e si avvale di collaboratori (videomaker, web designer…) e diversi partner per gli aspetti più tecnologici, come la locale InnovYou e la torinese Fondazione Links.

«Il taglio che ci siamo dati fin dall’inizio è quello di lavorare su due campi principali – spiegano Talu e Ghisu –: il primo è quello della comunicazione urbana non convenzionale e l’altro è quello della promozione della qualità della vita urbana, soprattutto per i gruppi vulnerabili, quindi anziani, bambini, disabili… Nasciamo infatti a partire da un’esperienza di costruzione di città a misura di bambino e svolgiamo attività di ricerca e sviluppo, con progetti che portiamo avanti anche grazie a finanziamenti specifici. Al momento ci stiamo dedicando, per esempio, ad un progetto all’usabilità della città da parte di soggetti con autismo. Tra i nostri committenti più importanti ci sono, oltre al Comune di Sassari, con cui abbiamo sempre sviluppato dei progetti sperimentali, ed è quasi un partner, abbiamo clienti privati come Torre SGR, un vettore importante degli interventi di housing sociale in Sardegna, e anche Ambiente Italia, la società che gestisce il sistema di raccolta dei rifiuti per il Comune, per la quale ci stiamo occupando di un piano di comunicazione ambientale. Poi collaboriamo con startup più piccole, associazioni…».

A partire dal pluripremiato progetto iniziale (Fronte di Liberazione dei Pizzinni Pizzoni) compiuto nel “complicato” rione San Donato di Sassari, a partire dall’attivazione dei bambini della scuola elementare locale, Tamalacà ha compiuto un percorso di trasformazione e diversificazione, con interventi di rigenerazione urbana, gioco e partecipazione, urbanismo tattico, progettazione inclusiva e comunicazione alternativa («…puntiamo sulla comunicazione non convenzionale, che si basa molto sul coinvolgimento diretto dell’utenza e utilizza strumenti come ad esempio guerrilla marketing e incursioni all’interno degli spazi urbani»). Ambiti differenti in cui agisce ispirata dal motto dell’antropologa e attivista canadese Jane Jacobs: «Progettare una città dei sogni è semplice. È per ridisegnare una città abitabile che serve fantasia».

Comprensibilmente, per conquistare la necessaria sostenibilità economica, Tamalacà ha speso i primi tre anni per traslare con efficacia le proprie competenze dall’alveo accademico a quello d’impresa. Ma «Il 2016 è stato un anno di svolta, in cui abbiamo capito su quali attività puntare e abbiamo investito sullo sviluppo di prodotti adeguati. Cosicché il 2018 è il 2019 sono stati positivi». E in questo percorso di emancipazione è stato essenziale anche l’incontro con Banca Etica, con la quale Tamalacà ha condiviso gli uffici nel rione San Donato per qualche tempo, finché non è stata aperta la nuova filiale della banca a Sassari: «Conoscevamo già l’esperienza di Banca Etica e abbiamo condiviso lo spazio con loro e con altri soggetti con l’idea di farne un centro per il quartiere che creasse l’opportunità di far riflettere la cittadinanza a partire dai temi toccati con il progetto centrato sulla scuola elementare. Poi, al crescere dell’azienda, si è affiancato un uso più intenso degli strumenti che la banca ci fornisce. Abbiamo una linea di anticipo fatture e tutta una serie di strumenti che, con l’aumentare del volume dell’attività, è diventata indispensabile», concludono Talu e Ghisu.