di Corrado Fontana, giornalista di Valori.it
Chiamatele aziende recuperate, o con la formula inglese “workers buyout”, in ogni caso si tratta di storie eccezionali che uniscono prefssionalità, coraggio e capacità di fare squadra. Come quella della Italcables di Caivano, azienda che nel 2015 – dopo ben due anni di stop, di preoccupazioni e di lotte – è ripartita aggiungendo le lettere “WBO” in testa alla propria insegna, trasformandosi in WBO Italcables.
Il mutamento non è avvenuto solo nel nome del padrone, bensì nella forma giuridica: oggi l’azienda, un tempo di proprietà di una compagnia portoghese, si presenta infatti come società cooperativa. E a darle vita sono stati 51 dei i 67 dipendenti iniziali, 45 operai e 6 funzionari.
I quali prima hanno difeso e presidiato per 24 mesi, giorno e notte, lo stabilimento e i macchinari; e poi hanno versato ciascuno 25 mila euro per acquistare l’azienda, utilizzando l’anticipo della propria mobilità, o anche più di questo. Un totale di 1 milione e 275mila euro che hanno convinto il curatore fallimentare incaricato a credere nella fattibilità del progetto: una soluzione concreta per evitare la chiusura definitiva della società, e con ciò anche la perdita dell’occupazione e di un’opportunità di futuro più sereno per le loro famiglie.
E così la fabbrica, che nel 2013 fatturava 50 milioni di euro l’anno producendo cavi d’acciaio per infrastrutture, con una produzione tutt’altro che fuori mercato e una lista di ordini ancora da evadere, invece di scomparire da un territorio già particolarmente impoverito, è ripartita. Registrando già nel secondo anno di attività un bilancio in attivo di quasi 300mila euro, e mostrandosi pronta per la sfida decisiva: nel 2018 scade infatti il periodo di affitto dello stabilimento, che andrà quindi acquistato per non porre fine al progetto.
Matteo Potenzieri, presidente della cooperativa, nel tono della voce e nelle parole non tradisce tuttavia alcun allarme, come chi sa di aver superato momenti ben peggiori, e che lui e i suoi colleghi sanno fare bene il proprio lavoro, e grazie ad esso raggiungeranno anche questo traguardo. In fondo per l’acquisto basta trovare altri 3 milioni di euro… E il sostegno di Banca Etica, fin dal principio, insieme a quello di Coopfond di LegaCoop Campania e di Cfi, la società partecipata dal Ministero dello Sviluppo Economico specializzata in progetti simili, non è mai mancato.
«Banca Etica – precisa Potenzieri – è stata l’unica banca a finanziare da subito un progetto che nessun altro avrebbe sostenuto, dal momento che eravamo delle persone che volevano costituire una società senza avere garanzie da dare tranne il proprio capitale. Eravamo una start up che comunque usciva da una crisi. Banca Etica ha invece guardato la bontà del progetto e non gli ha dato solo un valore numerico. Ne ha valutato l’importanza sociale, anche nell’ottica di salvare oltre 50 posti di lavoro, fino a 70 se consideriamo l’indotto. Ha deciso di finanziare la WBO Italcables permettendo che nascesse, aprendo linee di credito importanti per l’anticipo fatture, permettendoci di acquistare l’acciaio, cioè la materia prima necessaria per continuare a produrre. Tant’è che anche per l’acquisto dello stabilimento Banca Etica rimane per noi la strada principale da percorrere: abbiamo appena avviato l’istruttoria».
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