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DOPO SEI MESI MEDITERRANEA TORNA A NAVIGARE

La nave di Mediterranea Saving Humans è finalmente tornata a navigare nel Mediterraneo centrale dopo molti mesi di stop forzato dovuto prima al sequestro e poi al lockdown. Alessandra Sciurba, in questo momento volontaria a bordo della nave Mare Jonio ci racconta come è stata la ripartenza, i recenti salvataggi e il dramma che ogni giorno si consuma al largo delle nostre coste.

Cosa ha comportato il lockdown per chi rischia la vita in mare e per chi cerca di salvare quelle vite? Come sono stati tutti questi mesi di stop forzato?

Mare Jonio era stata sequestrata a settembre del 2019 dopo il salvataggio di 98 persone a causa dell’applicazione del cosiddetto decreto sicurezza bis. Per avere portato 22 bambini e gli adulti che erano con loro, tutti in fuga dalla guerra civile libica, nel porto sicuro più vicino come il diritto internazionale prevede, la nostra nave è stata bloccata per mesi, fino a quando, a febbraio del 2020, il Tribunale civile di Palermo ce l’ha restituita. Eravamo pronti per ripartire immediatamente, ma poi è arrivata l’emergenza sanitaria e abbiamo dovuto aspettare ancora, come anche le navi delle altre organizzazioni della società civile. Tra marzo e giugno il Mediterraneo è rimasto vuoto di soccorsi, eccezion fatta per le generose operazioni condotte dalla Alan Kurdi e dalla Aita Mari, che hanno pagato i salvataggi compiuti con misure vessatorie che le hanno bloccate poi per settimane nel porto di Palermo. Purtroppo i governi europei si sottraggono al dovere del salvataggio e moltissime persone sono morte o sono state catturate dai miliziani libici che l’Italia ha travestito da guardia costiera di quel paese e sono state riportate indietro per essere nuovamente torturate e poi rimesse in mare. Un sistema terribile, che rende la stessa persona vittima di tratta all’infinito, e che purtroppo noi cittadini italiani finanziamo direttamente visto che tra il 2017 e il 2020 213 milioni di euro sono stati versati dall’Italia alla Libia proprio per rendere efficaci le catture in mare e per finanziare quei centri di detenzione in cui l’Onu ha riscontrato “orrori indicibili”.

Adesso che la Mare Jonio è di nuovo in mare ci sono ulteriori difficoltà dovute alle norme per la prevenzione del Covid-19?

Abbiamo adattato la nostra nave alla situazione applicando i più avanzati protocolli a livello nazionale e internazionale. Il Covid-19 è un’emergenza da affrontare con tutta la serietà possibile, conciliando la salute pubblica con l’obbligo di soccorrere. È inaccettabile mettere in contrapposizione le sue cose. Il virus non fermerà mai chi viene torturato e stuprato tutti i giorni. E la prevenzione dei contagi non può certamente consistere nel lasciare annegare le persone. La principale difficoltà sta nel rischio, sempre alle porte, che il covid-19 possa essere strumentalizzato per ostacolare ancora di più i soccorsi in mare.

Nei giorni scorsi avete salvato 43 persone migranti dall’annegamento, ci racconti come è andata? Come stanno ora?

La loro barca era piena d’acqua, da ore cercavano di svuotarla con tutto ciò che avevano a disposizione. Il nostro equipaggio aveva ancora negli occhi il corpo senza vita di un ragazzo incontrato in mare nei giorni precedenti, e ben quattro catture da parte dei libici, che equivalgono a condanne a tortura e a morte, cui aveva dovuto assistere impotente, a poca distanza. Per fortuna per loro, come per le 67 persone la settimana precedente, Mare Jonio è arrivata in tempo. Queste ultime hanno terminato il loro periodo di quarantena e nessuno è risultato positivo al covid-19. Tra i 43 salvati più di recente invece c’erano dei positivi, ma essendo stati tutti posti in isolamento da subito non esiste rischio per la popolazione locale. Tutte le persone soccorse, ancora una volta, avevano un solo pensiero, un solo terrore: non essere rimandate in Libia, non tornare all’inferno, come dicono loro.

Durante il picco dell’emergenza sanitaria la questione migranti era completamente sparita dai notiziari nazionali, ora ricompare per dipingere i migranti come vettori del virus, voi che vedete la situazione da vicino come la descrivereste/nulla è cambiato….? Messa davanti all’inattesa emergenza covid, l’Unione Europea sta cercando – non senza difficoltà – di fare uno scatto in avanti verso un’unione che sia anche politica, solidale e basata sui diritti.

Siete fiduciosi che questa trasformazione possa finalmente riguardare anche il modo in cui la UE gestisce l’accoglienza delle persone migranti?

Purtroppo no, perché a quel che sembra nessun governo europeo, nemmeno tra quelli progressisti, è disposto a rinunciare a strumentalizzare le migrazioni. Ancora non si discute in Europa dell’unica soluzione ragionevole, legale e sicura: aprire corridoi umanitari di evacuazione dai paesi in guerra, e canali di ingresso stabili dagli altri Stati. Solo così le migrazioni sarebbero normalizzate, controllate, sicure per tutti. E sarebbe anche una soluzione molto più economica rispetto alla scelta di continuare a militarizzare le frontiere pagando miliardi di euro a governi pericolosi come quello turco o a veri e propri criminali riconosciuti (penso ad esempio a Bija ancora a capo della cosiddetta guardia costiera libica) come avviene nel Mediterraneo centrale. Ma le politiche migratorie sono costruite solo sulla propaganda per ottenere o non perdere il consenso degli elettori più impauriti quando non morano a coprire ben altre negoziazioni e ben altri traffici che avvengono a livello internazionale. E in mezzo vengono stritolate le vite di migliaia di persone trattate come merce di scambio, mentre i trafficanti ringraziano tutti i giorni queste scelte, senza le quali i loro affari non esisterebbero, e la parte migliore della nostra civiltà giuridica viene calpestata, con danni culturali irreparabili che si diffondono ovunque e rendono le nostre società sempre più avvelenate dai razzismi.

Quali sono le misure urgenti da mettere in campo per tutelare le persone in fuga dall’Africa e non solo ed evitare le tragedie cui assistiamo ogni giorno?

Corridoi umanitari dai paesi in guerra e canali di ingresso legali e sicuri dagli altri Stati, appunto. Non è un problema di numeri né di risorse economiche. In anni come il 2006 solo in Italia entravano 550.000 persone con il decreto flussi, legalmente, sui loro piedi. Era un sistema ipocrita che prevedeva che anche chi era già qui dovesse tornare nel paese d’origine e fingere di fare ingresso per la prima volta, ma questo dato ci dimostra che non c’è alcuna emergenza numerica, oggi meno che mai. È solo una questione di gestione politica e di narrazione. Se esistessero canali di ingresso legali nessuno rischierebbe più la vita per attraversare frontiere chiuse affidandosi ai trafficanti. Sarebbe una soluzione legale, umana, e molto più economica, come dimostrano le esperienze già attivate. Ma a quel punto i governi dovrebbero occuparsi dei veri problemi delle loro popolazioni e non avrebbero più questa straordinaria arma di distrazione di massa che la strumentalizzazione delle migrazioni offre.

Migliaia di persone hanno contribuito – anche grazie alla raccolta fondi su Produzioni dal Basso – a sostenervi. Cosa possono fare ora per supportare il vostro lavoro in mare?

Senza il fido iniziale di Banca Etica Mediterranea non esisterebbe, ma i costi da sostenere sono altissimi, e nonostante il lavoro del tutto volontario di persone come me e tante altre che compongono Mediterranea, ogni missione rischia sempre di essere l’ultima per mancanza di risorse. Sul nostro sito sono indicate tutte le modalità per continuare a sostenere le nostre missioni, a regalare miglia alla nostra nave. Ma salire a bordo di Mediterranea significa anche e soprattutto diffondere il messaggio che il nostro navigare ha cercato di portare tra terra e mare: la possibilità di un mondo in cui tutte le vite contano, e i diritti e la dignità delle persone sono limiti invalicabili per il potere e le scelte economiche e politiche.

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