GIT Padova
Gruppo di Iniziativa Territoriale di Banca Etica
A cura di Cooperativa Sociale Rel.Azioni Positive
Non è semplice raccontare come sia cambiata la nostra vita di operatrici e attiviste del Centro antiviolenza a partire dal 21 febbraio 2020 quando la nostra provincia è stata scossa da quella che è poi diventata la più grave pandemia mondiale del secolo.
Siamo 15 operatrici, socie lavoratrici della Cooperativa Sociale Rel.Azioni Positive, socia fin da subito di Banca Etica, nata a settembre 2017 dall’esperienza trentennale del Centro Veneto Progetti Donna e che gestisce i 4 centri antiviolenza e 4 case rifugio di Padova e provincia.
Non è semplice perché fin da subito i nostri telefoni hanno smesso di squillare. In due settimane siamo passate da 3 chiamate nuove al giorno, a 3 chiamate in tutto.
I bambini e le bambine erano a casa da scuola e per le donne, con un ulteriore carico famigliare e di lavoro di cura, barcamenarsi tra lavoro e cura, non solo era difficile presentarsi agli appuntamenti fissati ma trovare anche il tempo di chiamarci era diventato praticamente impossibile.
Dal 9 marzo, quando anche Padova è diventata zona arancione ed è partito lo slogan Restate a casa, abbiamo lanciato, per prime, in Italia, l’allarme e la preoccupazione che la convivenza forzata e costante avrebbe rappresentato un fattore di rischio ulteriore per le donne che si trovavano in situazioni di violenza.
Per questo abbiamo diffuso la campagna #laviolenzanonsiferma ma #noicisiamo, in cui diffondevamo il nostro numero verde e alcuni consigli utili per le donne su come chiamarci in sicurezza. E anche su cosa fare nel caso in cui si venisse in contatto con una situazione di violenza.
Da sempre inoltre siamo attive nelle scuole con il Progetto “Conoscere al di là degli stereotipi” che nell’anno scolastico 2019-2020 si stava svolgendo in 22 classi della provincia. Dato che la maggior parte delle scuole sta effettuando lezioni online, abbiamo valutato, insieme alle/agli insegnanti di poter continuare i percorsi, così la prevenzione alla violenza contro le donne è diventata digitale. Nell’ultimo mese, i moduli online, le videoconferenze e le email sono diventati strumenti fondamentali per continuare a lavorare con studenti e studentesse, infatti stiamo interagendo con la maggior parte delle classi per portare avanti i percorsi, stimolando la riflessione e prevedendo momenti di interazione virtuale.
Abbiamo inoltre proseguito le accoglienze nelle case rifugio e garantito l’accoglienza in caso di emergenza. Nelle case rifugio stiamo ospitando 9 donne con 10 bambini e bambine, di cui 6 in età scolare. Per loro, che erano costretti a seguire le lezioni nei cellulari delle loro mamme, si è attivata la solidarietà del Comune di Padova, insieme al Centro servizi per il volontariato e la Diocesi di Padova, ed abbiamo ottenuto in poco tempo 6 tablet con connessioni per permettere anche a loro di seguire le lezioni senza rimetterci la vista.
E la solidarietà non sì è fermata qui. Tante le dimostrazioni di affetto e sostegno da parte delle persone che ci vogliono bene e che da tempo camminano al nostro fianco. Le spese sospese di NaturaSì hanno dato ancora una volta dimostrazione di una città generosa, attenta alle persone più vulnerabili soprattutto nei momenti in cui c’è più bisogno. L’associazione Lottodognimese si è attivata con una raccolta fondi che ci permette di garantire le connessioni internet nelle case rifugio. E il Comune di Padova ci ha fornito da subito le mascherine, indispensabili per continuare nel nostro lavoro. Mentre le volontarie dei nostri laboratori, per ora sospesi, si sono messe all’opera da casa per produrre mascherine lavabili per quando torneremo a pieno ritmo. Tutti gesti che ci hanno fatto sentire meno sole e parte di una comunità accogliente e calda.
Per quanto riguarda noi, in questo tempo ci siamo sempre state. Abbiamo cambiato, temporaneamente, la nostra metodologia di lavoro che si basa sulla relazione tra donne, sul contatto, sul riconoscimento reciproco, sull’abbraccio. Li abbiamo tramutati in colloqui su skype, telefonate, e-mail, a seconda di quello che le donne possono e vogliono fare e con cui si sentono più a loro agio.
Nonostante le difficoltà, nostre nel prendere confidenza con le nuove tecnologie, e delle donne nel non poter venire più al Centro, siamo riuscite a mantenere i contatti e ad effettuare colloqui con 205 donne che stavamo già seguendo ed abbiamo ricevuto circa 30 richieste di aiuto da donne che non ci avevano mai contattato.
Dalle storie che ascoltiamo in questi giorni abbiamo notato che l’isolamento ha sicuramente acuito molte situazioni, è infatti aumentata la frequenza delle violenze, in particolare viene agita molta violenza economica, molte donne non riescono nemmeno a mangiare perché il partner decide cosa prendere al supermercato, cosa cucinare e per chi cucinare. Aumenta la violenza psicologica e purtroppo anche quella sessuale, usata spesso come minaccia per non subire percosse fisiche o ulteriori vessazioni. Violenze che non fanno rumore, che si alimentano nel silenzio e nelle porte chiuse delle nostre case, ma che esistono.
Per questo non ci stanchiamo mai di dire che noi ci siamo, perché, anche se in questo momento non possiamo stringerci in un abbraccio, mostrare un sorriso, giocare con i bambini e le bambine, vederci nei laboratori, nelle piazze, quando sarà di nuovo possibile, molte donne usciranno dal silenzio e ci diranno che nella solitudine e nell’isolamento rappresentavamo una speranza. E così, torneremo ad incontrarci, a sostenerci, a tenerci strette, a parlarci di persona, a sorridere insieme.
Non sappiamo come saranno le vite di tutte/i noi dopo, come ci adatteremo ad una nuova ‘normalità’, sappiamo però che noi continueremo a operare al fianco di tutte le donne e delle/i loro figlie/i, e soprattutto continueremo a pretendere un modo più giusto, a chiedere più diritti e giustizia sociale per tutte e tutti.