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GIT Lazio Sud

Gruppo di iniziativa territoriale di riferimento dei soci di Banca Etica della città di Roma ( Roma Sud) e del Lazio meridionale ( provincia di Roma, Frosinone e Latina)

La costruzione della pace in Europa da Sarajevo a Kiev di Antonella Trocino

La costruzione della pace in Europa da Sarajevo a Kiev

di Antonella Trocino

 

Della due giorni di convegno tenutosi il 30 e 31 maggio 2023 alla Pontificia Università “Antonianum”, organizzato da MEAN e altri partner, ho apprezzato tutto, salvo il fuori programma della “passerella” di alcuni parlamentari intervenuti, tutti appartenenti a forze politiche convintamente a favore della prosecuzione dell’invio delle armi come mezzo per conseguire la “pace giusta”: Elena Bonetti, Maurizio Lupi, Lia Quartapelle e Luigi Bobba.

Ciò nonostante il titolo impresso sulla cartellina, distribuita ai partecipanti – “More arms for hugs, no more wars” – facesse ben sperare, come pure il tema dei “corpi civili di pace”, che è stato il filo rosso tematico di molti interventi, una certa inclinazione giustificazionista verso il “riarmo per preparare la pace”, da parte degli organizzatori, è stata confermata. E nell’intervento iniziale di Marianella Sclavi – scienziata di mediazione negoziale – che ha parlato di tecniche di gestione dei conflitti, problem solving, ascolto attivo e problem setting, non è mancata una battuta quasi irridente nei confronti di chi si “permette” di parlare di pace, senza avere vissuto l’esperienza delle sirene e dei bombardamenti che quotidianamente affannano le giornate della popolazione ucraina.

Apprezzo enormemente l’impegno umanitario di MEAN (la prossima missione a Kiev e dintorni dovrebbe essere la settima dall’inizio della guerra), nondimeno credo che un limite della loro testimonianza possa essere l’ascolto attivo solo di una parte della popolazione civile. Se si spingessero anche in Donbass, dove la guerra c’è dal 2014, forse alcune loro certezze si incrinerebbero.

A parte queste considerazioni personali, la ricchezza degli interventi è stata notevole; per citarne solo alcuni, ricordo: i docenti-attivisti di ecologia integrale della Pontificia Università Antonianum come Giuseppe Buffon, Paolo Cancelli e Massimo De Maio; gli “europeisti visionari” come Pier Virgilio Dastoli e Romano Prodi; i giornalisti Riccardo Bonacina, Stefano Arduini, Gabriella Debora Giorgione, Radio Radicale, Daniele Biella, Alessio Nisi; le donne della resistenza ucraina come Tetyana Sh e gli uomini della dissidenza russa come Alexander Bayanov; la società civile variamente rappresentata da Azione Cattolica Italiana, MASCI Movimento Adulti Scout Cattolici Italiani, Base Italia, Comunità Progetto Sud, Rete Economia civile “Sale della Terra”, VITA non profit, Piccoli Comuni del Welcome; Millepiani; Next Nuova Economia per Tutti; Fondazione Casa della Carità “A. Abriani”, oltre alle comunità territoriali rappresentate da Anci e da Labsus e i leader religiosi impegnati nella promozione della pace come il ministro generale dell’Ordine dei Frati Minori, fra’ Massimo Fusarelli, il Nunzio Apostolico a Kiev, mons. Visvaldas Kubolkas, l’Imam della grande moschea di Roma, il prof. Akkad e l’incaricato del Papa per la missione di pace per l’Ucraina, il cardinale Matteo Zuppi, intervenuto da remoto.

Tra tutte le relazioni ho apprezzato particolarmente quelle del Prof. Giuseppe Buffon e del Prof. Stefano Zamagni. Il primo ha fatto un excursus parlando della genesi del pensiero ecologista nella Chiesa, spiegando che si è andato radicando ben prima della Laudato sì, in particolare a partire da uno storico convegno tenutosi a Gubbio nel 1982, intitolato “Terra mater”. Il sottotesto dell’intervento era la netta inconciliabilità tra ecologia integrale e guerra, ogni guerra (delle oltre 160 in atto), non solo di quella russo-ucraina.
Il Prof. Zamagni, ha aperto il suo intervento richiamando il passo del Vangelo “beati i costruttori di pace” e ha proposto alcune verità, con la schiettezza e la lucidità di chi, con autorevolezza, può permettersi di fare considerazioni scomode. Alcuni esempi, citando a braccio:
“Non dicono la verità al popolo, perché vogliono che il popolo resti nell’ignoranza, perché così si può manipolare meglio”; “…quella in Ucraina è la prima guerra globale, perché il suo impatto si ripercuote su paesi che con la guerra non hanno niente a che fare (il riferimento è alla crisi del grano per paesi africani, completamente dipendenti sul fronte alimentare da Russia e Ucraina, ndr)”; “…la vera origine di questa guerra è “unilateralismo versus multilateralismo”; “… il global south, che rappresenta un terzo della popolazione mondiale, e la Cina che ne rappresenta il 17%, si sono stufati di non contare niente e non accettano più l’ordine mondiale che i Paesi NATO vogliono imporre.”
Sul finale il Prof. Zamagni ha richiamato 5 priorità di cui una politica europea responsabile dovrebbe farsi carico:
1) basta con il neocolonialismo, di cui il land grabbing e lo schiavismo del 3° millennio sono testimonianza;
2) vanno riscritti gli statuti dell’FMI e di altri organismi sovranazionali che sono intrisi dell’egemonia occidentale;
3) va riformato lo statuto dell’ONU per affiancare all’Assemblea degli Stati, una seconda Assemblea rappresentativa della società civile;
4) va definito un modello di integrazione (non di accoglienza) dei migranti;
5) va attuato un serio piano per la transizione ecologica, perché gli accordi di Parigi nessuno li sta rispettando e manca la necessaria presa di responsabilità da parte dei vertici degli Stati.
Ha concluso sul bisogno di “una comunanza etica in una società pluralista”. E queste parole sono risuonate forte, come l’unica strada, ad un bivio dove l’altro percorso porta dritti all’autodistruzione.

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