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GIT Lazio Sud

Gruppo di iniziativa territoriale di riferimento dei soci di Banca Etica della città di Roma ( Roma Sud) e del Lazio meridionale ( provincia di Roma, Frosinone e Latina)

E’ più etico chi mira ad accrescere i flussi finanziari a proprio favore per destinare il surplus ad attività ad impatto sull’economia reale o chi ritiene che l’etica sia riflessa sul come si guadagnano questi flussi finanziari a prescindere dall’impatto che generano? (Giorgio Scio’)

In generale dal punto di vista della finanza etica, è generalmente considerato più etico chi pone attenzione al come si generano i flussi finanziari, non solo al cosa se ne fa dopo.

Spiego meglio:

  • L’etica della finanza, nella visione più consolidata (ad esempio Banca Etica, Triodos Bank, ecc.), non separa il mezzo dal fine.

  • Guadagnare denaro attraverso attività che, anche se indirettamente, producono danni sociali o ambientali (es. speculazione predatoria, attività inquinanti, sfruttamento lavorativo) non viene “riparato” semplicemente destinando dopo una parte del surplus a buone cause.

  • L’intero processo — dalla generazione alla destinazione dei flussi — deve essere coerente con i valori etici: rispetto della dignità umana, della sostenibilità ambientale, della trasparenza e dell’inclusione.

Quindi, non basta accrescere i flussi e poi redistribuirli: il modo in cui li si crea conta tanto quanto l’uso che se ne fa.

Detto ciò, è importante riconoscere che non tutte le scuole di pensiero etico-finanziario sono rigide allo stesso modo: qualcuno, in una visione più pragmatica, sostiene che l’importante è l’impatto finale positivo, anche se il mezzo non è perfetto — ma questa è una posizione più minoritaria nel campo della “finanza etica” propriamente detta.

Chi genera flussi finanziari da una attività speculativa e poi destina tutto quello che risparmia ad investirli in attività ad impatto come è considerato rispetto a qualcuno che non li genera e pertanto produce un impatto finanziario più limitato?

Dal punto di vista della finanza etica classica, chi genera flussi finanziari da attività speculative  — anche se poi li reinveste tutti in attività ad impatto positivo — è considerato meno etico rispetto a chi, pur avendo un impatto finanziario più limitato, opera in modo coerente con principi di sostenibilità, trasparenza e non speculazione fin dall’inizio.

Questo per due motivi principali:

  1. Il principio di coerenza etica:

    • La finanza etica giudica non solo cosa si fa con i soldi, ma anche come quei soldi vengono creati.

    • L’attività speculativa in derivati è spesso associata a instabilità finanziaria, rischio sistemico e disconnessione dall’economia reale, tutte cose considerate dannose dal punto di vista etico.

    • Anche se il surplus viene poi impiegato bene, il danno sistemico potenziale resta.

  2. Il principio di non causare danno (“primum non nocere”):

    • Nella finanza etica si dà priorità a non causare danni, anche indirettamente, prima ancora di fare opere di bene.

    • Un’attività finanziaria che alimenta instabilità o disuguaglianze non è accettabile eticamente, anche se i profitti vengono poi devoluti a buone cause.

Invece, chi genera un impatto minore ma positivo in modo intrinsecamente corretto, anche con flussi finanziari più piccoli, è visto come maggiormente coerente e, quindi, più etico.

Tre approcci possibili nel definire il rapporto tra etica e finanza

Senza voler esprimere alcuna valutazione etica su di esse perchè ognuno ha il diritto di farsi una propria opinione dal punto di vista delle istituzioni finanziarie possiamo distinguere 3 approcci possibili

1. Esclusione integrale di investimenti da finanza  speculativa

Triodos Bank (una delle banche più note per la finanza etica in Europa) si è trovata più volte a valutare investimenti provenienti da fondi che avevano parte dei profitti derivanti da operazioni sui mercati derivati.

Decisione:
Ha stabilito una regola chiara:

  • Esclude qualsiasi fondo o strumento che implichi operazioni speculative (es. derivati puramente finanziari non legati all’economia reale).

  • Anche se il fondo poi investe in energie rinnovabili o welfare sociale, l’origine speculativa dei guadagni basta a squalificarlo.

Motivazione:

“L’integrità del processo è parte integrante del valore che vogliamo generare. Non accettiamo compromessi tra mezzi e fini.”

2. Al di fuori di rigidi e severi criteri di esclusione, valutazione caso per caso sulla “provenienza dei fondi” – Radicalità dialogante


Banca Etica in Italia ha sviluppato criteri di esclusione molto severi definendo con molta chiarezza ciò che è assolutamente escluso da ogni attività di finanziamento . Queste sono riflesse nella politica del credito chiaramente definita dalla politica del credito  sito della banca  
Quando riceve proposte di investimento e di collaborazione  con  clienti o enti con storia finanziaria mista (esempio: profitti da speculazione, banche “armate” + intenzioni di impatto positivo), analizza caso per caso  avvalendosi di un Comitato Etico che ha il compito di valutare e rivalutare nel tempo   la condotta e la coerenza delle scelte gestionali della banca con i principi della finanza etica .

Possibile esito:

  • Se l’attività attuale è pienamente allineata a valori etici (es. ora solo agricoltura biologica o energie pulite) e

  • Se c’è un distacco chiaro dalle attività passate,

  • può accettare ma con clausole di trasparenza molto severe (reporting continuo, verifiche etiche indipendenti) che nelle VSA corrispondono ad una valutazione positiva con riserva

Motivazione:

“Valutiamo la volontà concreta di conversione etica dell’attività, non solo la destinazione dei profitti.”

3. Impact Investing Networks (es. GIIN) – tolleranza pragmatica con limiti

Contesto:
Nella rete mondiale dell’Impact Investing (Global Impact Investing Network), dove si punta più sull’impatto finale che sulla purezza dei mezzi, c’è una maggiore flessibilità.

  • Gli investitori che hanno fatto soldi in modo poco etico possono comunque investire in attività a forte impatto positivo (es. riforestazione, microcredito).

  • Tuttavia, devono accettare standard rigorosi di misurazione dell’impatto e impegnarsi a migliorare la propria condotta futura.

Motivazione:

“L’impatto positivo che possiamo creare oggi può superare le imperfezioni del passato, se perseguito con trasparenza.”

Conclusioni

I tre approcci presentati, tutti legittimi,  a parere dello scrivente sollevano questioni di indubbia complessità che vanno aldilà del mero rapporto tra etica e finanza e, se vogliamo, anche il nostro essere soci di Banca Etica 🙂

  1. A livello di un organizzazione “etica” deve esistere un approccio etico univoco su ciò che è giusto o sbagliato oppure deve essere favorita la coesistenza di più approcci etici nel quale ciascun socio o investitore si riconosce meglio e meno in altri senza per questo essere incompatibili ?
  2. Esiste un trade-off tra impatto socio ambientale prodotto e la coerenza con le propri convinzioni etiche individuali?

 

Giorgio Sciò

 

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