GIT Lazio Sud
Gruppo di iniziativa territoriale di riferimento dei soci di Banca Etica della città di Roma ( Roma Sud) e del Lazio meridionale ( provincia di Roma, Frosinone e Latina)
In generale dal punto di vista della finanza etica, è generalmente considerato più etico chi pone attenzione al come si generano i flussi finanziari, non solo al cosa se ne fa dopo.
Spiego meglio:
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L’etica della finanza, nella visione più consolidata (ad esempio Banca Etica, Triodos Bank, ecc.), non separa il mezzo dal fine.
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Guadagnare denaro attraverso attività che, anche se indirettamente, producono danni sociali o ambientali (es. speculazione predatoria, attività inquinanti, sfruttamento lavorativo) non viene “riparato” semplicemente destinando dopo una parte del surplus a buone cause.
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L’intero processo — dalla generazione alla destinazione dei flussi — deve essere coerente con i valori etici: rispetto della dignità umana, della sostenibilità ambientale, della trasparenza e dell’inclusione.
Quindi, non basta accrescere i flussi e poi redistribuirli: il modo in cui li si crea conta tanto quanto l’uso che se ne fa.
Detto ciò, è importante riconoscere che non tutte le scuole di pensiero etico-finanziario sono rigide allo stesso modo: qualcuno, in una visione più pragmatica, sostiene che l’importante è l’impatto finale positivo, anche se il mezzo non è perfetto — ma questa è una posizione più minoritaria nel campo della “finanza etica” propriamente detta.
Chi genera flussi finanziari da una attività speculativa e poi destina tutto quello che risparmia ad investirli in attività ad impatto come è considerato rispetto a qualcuno che non li genera e pertanto produce un impatto finanziario più limitato?
Dal punto di vista della finanza etica classica, chi genera flussi finanziari da attività speculative — anche se poi li reinveste tutti in attività ad impatto positivo — è considerato meno etico rispetto a chi, pur avendo un impatto finanziario più limitato, opera in modo coerente con principi di sostenibilità, trasparenza e non speculazione fin dall’inizio.
Questo per due motivi principali:
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Il principio di coerenza etica:
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La finanza etica giudica non solo cosa si fa con i soldi, ma anche come quei soldi vengono creati.
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L’attività speculativa in derivati è spesso associata a instabilità finanziaria, rischio sistemico e disconnessione dall’economia reale, tutte cose considerate dannose dal punto di vista etico.
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Anche se il surplus viene poi impiegato bene, il danno sistemico potenziale resta.
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Il principio di non causare danno (“primum non nocere”):
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Nella finanza etica si dà priorità a non causare danni, anche indirettamente, prima ancora di fare opere di bene.
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Un’attività finanziaria che alimenta instabilità o disuguaglianze non è accettabile eticamente, anche se i profitti vengono poi devoluti a buone cause.
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Invece, chi genera un impatto minore ma positivo in modo intrinsecamente corretto, anche con flussi finanziari più piccoli, è visto come maggiormente coerente e, quindi, più etico.
Tre approcci possibili nel definire il rapporto tra etica e finanza
Senza voler esprimere alcuna valutazione etica su di esse perchè ognuno ha il diritto di farsi una propria opinione dal punto di vista delle istituzioni finanziarie possiamo distinguere 3 approcci possibili
1. Esclusione integrale di investimenti da finanza speculativa
Triodos Bank (una delle banche più note per la finanza etica in Europa) si è trovata più volte a valutare investimenti provenienti da fondi che avevano parte dei profitti derivanti da operazioni sui mercati derivati.
Decisione:
Ha stabilito una regola chiara:
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Esclude qualsiasi fondo o strumento che implichi operazioni speculative (es. derivati puramente finanziari non legati all’economia reale).
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Anche se il fondo poi investe in energie rinnovabili o welfare sociale, l’origine speculativa dei guadagni basta a squalificarlo.
Motivazione:
“L’integrità del processo è parte integrante del valore che vogliamo generare. Non accettiamo compromessi tra mezzi e fini.”
2. Al di fuori di rigidi e severi criteri di esclusione, valutazione caso per caso sulla “provenienza dei fondi” – Radicalità dialogante
Banca Etica in Italia ha sviluppato criteri di esclusione molto severi definendo con molta chiarezza ciò che è assolutamente escluso da ogni attività di finanziamento . Queste sono riflesse nella politica del credito chiaramente definita dalla politica del credito sito della banca
Quando riceve proposte di investimento e di collaborazione con clienti o enti con storia finanziaria mista (esempio: profitti da speculazione, banche “armate” + intenzioni di impatto positivo), analizza caso per caso avvalendosi di un Comitato Etico che ha il compito di valutare e rivalutare nel tempo la condotta e la coerenza delle scelte gestionali della banca con i principi della finanza etica .
Possibile esito:
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Se l’attività attuale è pienamente allineata a valori etici (es. ora solo agricoltura biologica o energie pulite) e
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Se c’è un distacco chiaro dalle attività passate,
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può accettare ma con clausole di trasparenza molto severe (reporting continuo, verifiche etiche indipendenti) che nelle VSA corrispondono ad una valutazione positiva con riserva
Motivazione:
“Valutiamo la volontà concreta di conversione etica dell’attività, non solo la destinazione dei profitti.”
3. Impact Investing Networks (es. GIIN) – tolleranza pragmatica con limiti
Contesto:
Nella rete mondiale dell’Impact Investing (Global Impact Investing Network), dove si punta più sull’impatto finale che sulla purezza dei mezzi, c’è una maggiore flessibilità.
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Gli investitori che hanno fatto soldi in modo poco etico possono comunque investire in attività a forte impatto positivo (es. riforestazione, microcredito).
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Tuttavia, devono accettare standard rigorosi di misurazione dell’impatto e impegnarsi a migliorare la propria condotta futura.
Motivazione:
“L’impatto positivo che possiamo creare oggi può superare le imperfezioni del passato, se perseguito con trasparenza.”
Conclusioni
I tre approcci presentati, tutti legittimi, a parere dello scrivente sollevano questioni di indubbia complessità che vanno aldilà del mero rapporto tra etica e finanza e, se vogliamo, anche il nostro essere soci di Banca Etica 🙂
- A livello di un organizzazione “etica” deve esistere un approccio etico univoco su ciò che è giusto o sbagliato oppure deve essere favorita la coesistenza di più approcci etici nel quale ciascun socio o investitore si riconosce meglio e meno in altri senza per questo essere incompatibili ?
- Esiste un trade-off tra impatto socio ambientale prodotto e la coerenza con le propri convinzioni etiche individuali?
Giorgio Sciò