GIT Lazio Sud
Gruppo di iniziativa territoriale di riferimento dei soci di Banca Etica della città di Roma ( Roma Sud) e del Lazio meridionale ( provincia di Roma, Frosinone e Latina)
Educare alla finanza etica attraverso il gioco
di Paola Carlesso
John Dewey nella sua opera “Il mio credo pedagogico” definisce l’educazione un fatto sociale, inteso come il processo mediante il quale l’individuo assimila, fin dalla nascita,
conoscenze, tecniche e abitudini di vita, che la civiltà umana ha prodotto nel suo sviluppo (Dewey J. 1897).
Va sottolineata l’interdipendenza tra educazione e pedagogia: l’una esiste attraverso l’altra e viceversa in una circolarità anche definita aperta e a spirale, che collega tra loro le culture dell’educazione, e si manifesta in virtù di pedagogia in grado di decodificare tutte le notizie desunte da altre scienze, trasformandole in informazioni e progetti.
Il termine Pedagogia, deriva dal greco, ed il suo significato, Arte di Condurre il Bambino, fa riferimento alla sola infanzia. L’estensione pedagogica è, però, della stessa misura della vita dell’individuo, infatti, è l’unica scienza che ha piena consapevolezza della natura autentica dell’uomo, proprio perché si muove dalla persona ma non si risolve mai con essa. La pedagogia, inoltre è in grado di percepire i singoli individui come attori di condotte mirate a un fine consaputo, quindi riconosce il singolo individuo come persona, ma allo stesso tempo, mira a prendersi cura del rapporto educativo, per rendere ogni individuo persona, attuando l’identificazione tra oggetto e
fine.
Educazione invece è un termine che deriva dal latino Ex-Ducere, che significa, tirare fuori – portare alla luce. E’ un processo che dura tutta la vita e comprende, all’interno della relazione educativa, anche In-Ducere, cioè indurre, a partire dall’Io-Prenatale fino al rapporto interattivo e retroattivo, con la società ed i contesti di vita delle persone.
L’educazione, quindi, è legata all’evoluzione dell’individuo, ed è il nome complesso di tutte le attività educative storicamente determinate, che si declina in cinque attività orientate alla crescita delle persone:
- Informare: attività incentrata sui saperi educativi e comportamentali. Può essere intenzionale oppure no, ma non attiene ad un progetto o fine dell’educatore o dell’educando.
- Istruire: è anch’essa incentrata sui saperi, ma è sempre intenzionale, quindi legata a un contratto (es. programma, programmazione, curriculo) tra educatore, educando e ambiente. Attiene quindi, ad un progetto/fine, teso alla crescita ed al cambiamento della persona. Educare ed istruire sono un binomio inscindibile, e hanno come obiettivo, quello di far maturare nel soggetto la fiducia in se stesso, per auto-progettare il futuro.
- Insegnare: è un’attività a volte inconsapevole, infatti s’insegna sempre qualcosa anche se non intenzionalmente. Secondo quanto affermato ne “Il Triangolo Pedagogico” (Houssaye J. 1992), tale postura offre un vantaggio all’insegnante, in quanto, il risultato di apprendimento, in termini di significatività, è certamente maggiore per il docente stesso che, lezione dopo lezione, diventa sempre più abile nel proporre le tematiche. Infatti, l’apprendimento significativo, si realizza quando il soggetto, riesce a inserire la nuova
conoscenza nelle proprie strutture, modificandole. - Formare: è l’attività legata ai ruoli della personalità, tesa far acquisire abilità e competenze, (contenutistiche, didattiche, relazionali o professionali) in ingresso o in itinere. La
formazione è la ricaduta dell’insegnamento, cioè l’insieme delle attività poste in essere per preparare una persona allo svolgimento di un’attività o una professione o, nell’accezione di Jean-Jacques Rousseau nella sua opera “L’Emilio”, a vivere. (Rousseau J.J 1972) E’, quindi, un processo complesso di trasferimento di contenuti e metodi per far acquisire alle persone, livelli culturali, emotivi e spirituali sempre maggiori. - Educare in senso stretto: è l’attività che tende al benessere della persona, è una testimonianza che apre al confronto. Una persona educata è infatti Responsabile, perché
agisce in modo riflessivo e consapevole per se stesso e per gli altri, Autonoma, perché ha la capacità di governarsi, Libera perché dotata di una libertà pesante e pensante, mezzo e fine per una condotta più umana.
Come nel rapporto educativo, anche nella finanza etica è presente la “Teoria del Cambiamento”, inteso come, la descrizione del cambiamento che un soggetto vuole creare e, dei passi necessari per generarlo. Nell’art. 5 dello Statuto viene affermato: “Banca Etica svolge una funzione educativa nei confronti del risparmiatore e del beneficiario del credito, responsabilizzando, il primo, a conoscere la destinazione e le modalità di impiego del suo denaro e, stimolando il secondo a sviluppare con
responsabilità progettuale la sua autonomia e capacità imprenditoriale.”
Attuando la finanza etica l’approccio di Banca Etica, è proteso verso un’educazione allo sviluppo, che coniuga, sia la crescita educativa personale del singolo, sia la promozione delle potenzialità evolutive del contesto. Il processo educativo è, quindi, il mezzo per raggiungere la meta e cioè, l’educazione integrale. La promozione dello sviluppo umano del progetto educativo, infatti, deve dare spazio a libertà d’iniziativa, creatività e autenticità, permettendo all’individuo di aprirsi alla comunità intera, sia locale sia mondiale. In questo modo, ogni individuo, avrà la capacità di assumere la propria posizione nel mondo dando il proprio contributo, in termini di maturità. Ogni azione educativa, infatti, non coinvolge solo il singolo individuo, ma l’intera realtà socio culturale, per questo, la società è definita educante. E’ necessario, quindi, dialogare con la realtà molteplice
per costruire una società che non sia solo consumistica, ma che porti allo sviluppo autentico.
Lev Semyonovich Vygotskij nella sua opera “Il processo cognitivo”, sostiene l’esistenza della Zona di Sviluppo Prossimale (ZSP) definita come, la distanza tra il livello di sviluppo attuale e quello prossimale, raggiungibile con l’aiuto di persone dotate di una maggiore competenza. In pratica, l’adulto competente dovrebbe proporre all’educando, problemi di livello gradualmente superiore al livello di competenze attuali per sviluppare il potenziale; il risultato di questa attività è il raggiungimento di una zona di sviluppo attuale più ampia. Sostiene, inoltre, che la psiche è il riflesso delle condizioni materiali che possono essere cambiate in prospettiva di un fine concreto, per fare ciò, è necessario lo stimolo-mezzo, creato dall’uomo, attivatore dello stimolo-risposta in direzione diversa (Vygotskij, 1987).
Un potenziale stimolo-mezzo potrebbe essere il gioco.
Il “Gioco Commonspoly” permette, con semplicità, di avvicinare al tema della Finanza Etica e, attraverso l’esperienza ludica concreta. In esso vengono trattati argomenti non immediatamente comprensibili come investimento e interesse di collegamento tra investimenti e qualità della vita, sia individuale sia collettiva. Il gioco è promosso, in collaborazione con il Gruppo di Iniziativa Territoriale del Lazio Sud e Lazio Nord dei soci attivi di Banca Etica. Si tratta di un gioco di ruolo che simula le delle
attività normalmente svolte dall’adulto all’interno di una tipologia di mercato definita dai dadi all’inizio del gioco stesso. La ricerca di un guadagno sempre più alto da parte dei giocatori con il ruolo di “Speculatori” spingerà gli stessi verso una politica sociale e di impiego del denaro, sempre
meno attenta alle ricadute sul piano sociale e ambientale dei progetti finanziari. Tale comportomaneto lederà i singoli giocatori o l’intera comunità? Così come nella vita reale, anche in “Commonspoly” le piccole scelte, di ogni giocatore, fatte in buona fede per tutelare i propri interessi creano un quadro economico caratterizzato da risvolti politici, sociali e ambientali, spesso negativi. L’obiettivo del gioco, quindi, è quello di far comprendere le problematiche collegate all’attività di investimento nel sistema sia bancario che sociale, e acquisendo i concetti base della stessa, educare alla finanza etica. Infatti, il vero scopo del gioco è proprio quello di far capire che:
“L’interesse più alto è quello di tutti”. E’ inoltre in “Open Source” e quindi personalizzabile. Modificare carte e tabellone di gioco, in base ad esempio alla propria città o esperienze sociali, amplifica il senso di appartenenza alla comunità e la conoscenza storico-culturale.
Contestualizzando le teorie vygotskijane al gioco “Commonspoly” si verifica che: con l’aiuto della persona competente in finanza etica, verrà ampliata la zona di sviluppo attuale dell’individuo giocatore. Inoltre l’interesse individuale del singolo (psiche riflesso della condizione materiale esistente), attraverso “Commonspoly” (stimolo-mezzo creato dall’uomo), cambierà in prospettiva del fine concreto “benessere della collettività” (stimolo-risposta di direzione opposta).
Il “Libro Bianco sull’Educazione”, di Jacques Delors pone l’accento sull’esigenza di una formazione basata su competenze valide (Delors J. 1993). L’apprendimento, infatti, sostiene la persona nella sua conquista del saper agire – intesa come trasferimento di competenze da un contesto all’altro – voler agire – inteso come atteggiamento, iniziativa e disponibilità di affrontare i problemi – e poter agire – capacità fornita anche dal dispositivo didattico –. Il saper agire si rapporta al poter agire proprio perché, il primo, genera il secondo, e la possibilità di intervento attivo sulle cose e sulle vicende umane che insieme, spingono la persona a esercitarsi sulla
decisione e nella scelta, quindi, nel volere. Pertanto, sono gli apprendimenti significativi della persona a determinare la spinta incentivante per lo sviluppo delle capacità soggettive.
Luigi Einaudi sostiene che è necessario conoscere per decidere. L’approccio alla finanza etica di “Banca Etica” è proteso alla trasparenza sull’uso del denaro dei risparmiatori, e gli investimenti, riguardano progetti di educazione critica alla finanza, al fine di rendere le persone consapevoli dei rischi sociali e ambientali. E’ quindi protesa verso un processo di apprendimento che promuove lo sviluppo di un pensiero critico, che diverge dagli itinerari consueti. In questo modo l’individuo acquisisce conoscenze nuove, anche attraverso curiosità, motivazione e interesse ed il processo di apprendimento consente adattamenti immediati ai nuovi problemi e contesti multipli che connotano
la società attuale.
Sono molteplici le teorie pedagogiche, psicologiche, etologiche e filosofiche sul gioco ma, seppur valide ed interessanti risultano, tuttavia, insufficienti a cogliere il fenomeno nella sua interezza.
Il gioco è una dimensione funzionale sia del bambino, sia dell’adulto. Joan Huizinga sostiene che il gioco è un elemento di ordine e tensione, indispensabile al nascere e crescere della cultura umana che, a sua volta, può essere letta come gioco. Vi è, infatti, un’effettiva compenetrazione tra gioco e cultura, che consente di indicare il gioco stesso, autentico e puro come base e fattore di cultura (Huizinga J. 1973).
Considerare il gioco come elemento di vita sociale e culturale degli adulti, quindi, aiuta a leggere
fuori dagli schemi consueti, scoprendovi una costante ricerca di attribuzione di senso agli eventi ed
inserimento di intenzionalità nella realtà, nonché la costruzione di convivenza sociale.
La classica distinzione del gioco educativo prevede:
- Gioco esercizio: che coinvolge le strutture della coordinazione motoria e percettiva. Il gusto del gioco è la ripetizione e l’imitazione. Lo scopo è la verifica della padronanza di una
abilità, attraverso cui, si attiva l’area di verifica del Sé; il bambino imita l’adulto perché vuole essere come lui. - Gioco Simbolico: in cui il gioco assume la funzione immaginifica. E’collegato, più alla dimensione affettiva che a quella cognitiva, per poi far confluire il pensiero a forme logiche.
Jean Piaget lo definisce assimilazione distorta e pensiero egocentrico allo stato puro, cogliendo la frattura fra gioco e realtà e, avvertendo, il diverso livello di coscienza che essi implicano nella ricerca di equilibrio fra mondo interiore e mondo esterno. Attraverso questo tipo di gioco l’individuo effettua l’elaborazione di significato, quindi, colma il divario tra interiore ed esterno, costruendo un mondo in cui è possibile assumere sia i dati della realtà,
sia i processi interiori di significazione (Piaget J. 1972). L’attitudine ludica si pone, quindi, come tendenza all’elaborazione personalizzata dell’esperienza, diventando apprendimento. - Gioco sociale o con regole: dove il soggetto supera la disposizione egocentrica, infatti, compaiono le regole necessarie per l’incontro con l’altro. Il gioco sociale è, quindi,
l’incontro con gli altri, condivisione di scopi e organizzazione costruttiva. La sua finalità è di apprendimento e adattamento, inoltre, educa a giocare soddisfacendo l’esigenza di
imparare a giocare.
La natura transazionale del gioco, crea un’area intermedia fra costrizioni e vincoli del mondo esterno, leggi della natura e regole sociali che governano ogni situazione e la rappresentazione interiore e personale del mondo che ognuno elabora e ricostruisce attraverso l’esperienza.
Mondo dato e mondo vissuto si incontrano nel gioco sociale, proprio per questo le regole diventano necessarie, in quanto, il dialogo non è più soltanto fra il mondo interiore e la realtà esterna, ma anche tra altri mondi interiori, di senso e di orientamento, derivanti dall’incontro con l’altro. Un accordo sul piano operativo diventa pertanto possibile se le varie intenzioni si coniugano e si coalizzano verso uno scopo comune. Il gioco inoltre consente: - Il Prevalere dei mezzi sui fini: perchè libera l’organismo dalle necessità immediate ed
imposte da un compito; anche quando il gioco ha uno scopo, il procedimento diventa più
importante del risultato consentendo così la sperimentazione di combinazioni
comportamentali. - La temporanea sospensione della frustrazione: proprio perchè si è consapevoli della finzione l’input problematizzante viene vissuto con leggerezza.
- La riduzione del rischio d’insuccesso: perchè i comportamenti nel gioco derivano da sequenze che non sono proprie del gioco. E’ perciò un “Luogo di possibilità d’insuccesso” dove è possibile commettere errori e correggerli, un contesto protetto che consente di sperimentare se stessi; ma è anche “Un’area di verifica del Sé” dove cercare di dimostrare a se stessi di padroneggiare un’attività
- La libertà di notare dettagli: apparentemente irrilevanti di cose ed avvenimenti. La natura volontaria: gioco e comportamenti derivano, infatti, dalla libera iniziativa del
giocatore.
Oggi più che mai è necessario Educare al Gioco, cioè educare ad una relazione serena e non univoca con le cose, perchè grazie ad esso è possibile coniugare esigenze reali, interiorità intesa come spinta al desiderio, incontro con gli altri, condivisione ed azione. Il “Gioco Educativo” è quindi un’esperienza di relazione e comunicazione, espressione della relazione Io-Mondo che, consente di trovare la propria identità e la sperimentazione di condivisione, responsabilità e solidarietà, valori universalmente condivisi che riconducono al bene comune della collaborazione.Attraverso il gioco si insegna a gestire la differenza e la complessità attraverso l’autenticità della relazione, attuando il processo di personalizzazione e socializzazione.
Il gioco è elusione, ma non alienazione, per evadere dalla rigida realtà della vita recuperando spontaneità ed integrità personale, è illusione, ma non falsità, per creare un mondo conforme ai propri desideri, è collusione, ma non inganno, per conferire senso a cose e situazioni dove significati personali e sociali sono connessi. In esso ogni individuo perde il proprio egocentrismo perchè immagina come giocherebbero gli altri cercando il consenso.
Educare alla finanza etica, a partire dalle giovani generazioni è sia fattibile che doveroso, in quanto, coniuga varie competenze, crea cooperazione costruttiva e collaborazione progettuale. Questo genera solidarietà collaborativa, processo e percorso evolutivo in cui, ogni individuo, potenzia e orienta in modo responsivo, le proprie capacità, diventando per se stesso e gli altri un motivo di impegno e responsabilità.
Per risolvere la complessità della società attuale è necessario trovare soluzioni differenziate, creare nuove logiche che consentano il dialogo tra la diversità dei saperi, che diventi nel tempo una grammatica mentale. E’ pertanto necessario rivedere, in chiave interculturale, il principio di responsabilità come, un dovere verso il futuro, che va oltre la soggettività, diventando reciprocità immediata, in grado di aprire orizzonti di cambiamento permanente. In questo modo, l’individuo andrà oltre il sapere precedente assumendosi, quindi, il compito di vigilare sul diritto a vivere dell’umanità futura, ma con il dovere di essere autentica umanità, inteso come “progresso etico
morale delle generazioni future”.
A cura di:
Paola Carlesso
Consulente di Finanza Etica – Banca Etica –
Cell. 3450741191
Mail: pcarlesso@bancaetica.com
www.bancaetica.it
Tratto dalla tesi di seconda laurea di Paola Carlesso:
“Finanza ed Etica. Un legame possibile.”
Corso di laurea in:
“Scienze dell’Educazione e della Formazione”.