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SECONDO RAPPORTO SULL’IMPATTO DEGLI INCUBATORI E DEGLI ACCELERATORI ITALIANI

Di Simone Grillo

Lo scorso 29 gennaio la sede di “Make A Cube3” (Milano) ha ospitato la presentazione del II° Report sull’Impatto degli Incubatori e Acceleratori Italiani, ricerca che fotografa la situazione delle organizzazioni che supportano attivamente la creazione e lo sviluppo di nuove imprese innovative.
L’analisi, curata dai ricercatori del “Social Innovation Monitor” (SIM, sede operativa presso il Politecnico di Torino), in collaborazione con “Associazione Italia StartUp”, è stata realizzata anche con il contributo di Banca Etica.

Il Report 2018 segnala anzitutto la crescita di queste realtà; al 2017 sono state censite 171 realtà, con un incremento del 5,3% sulle 162 realtà individuate nel 2016.
Quasi il 60% di queste realtà sono ubicate nel Nord del Paese, prevalentemente in Lombardia (25,3%) ed Emilia Romagna (10,6%), mentre minore risulta la presenza nel Nord Est (19,4%). Oltre alla buona presenza riscontrata nel Centro Italia (22,9%, trainato dalla Toscana con 8,8%), il Report del SIM segnala la crescente presenza di incubatori ed acceleratori nelle zone meridionali e insulari (19,4%, con incremento del 13,8% in un solo anno).

Olltre il 60% degli enti analizzati hanno natura giuridica privata; il 21,8% presentano una compagine mista tra soggetti pubblici e privati e il 14% sono gestiti esclusivamente da amministrazioni o enti pubblici (fotografia sostanzialmente in linea con il 2016).
Allo scopo di analizzare le attività svolte da incubatori e acceleratori, il SIM ha predisposto una survey alla quale hanno partecipato 77 realtà, i cui risultati sono stati commentati dal Prof. Paolo Landoni.
Si rileva come il 50% dagli enti abbia natura di “Business Incubator”, mentre risulta in crescita la presenza degli incubatori sociali, passati dal 12,05% del 2016 al 18,1% del 2017.

Il Report 2018 segnala che la metà degli incubatori del campione incuba organizzazioni a significativo impatto sociale, intese come organizzazioni capaci di introdurre un’innovazione sociale.
Queste organizzazioni operano soprattutto nell’ambito “salute & benessere” (21,4%) e “cultura, arti, artigianato” (19,8%).
Sul piano del fatturato degli incubatori e acceleratori analizzati, la media 2017 è superiore al milione di euro, con una crescita del 15% sul 2016 che, tuttavia, risulta influenzata dalla performance di alcuni enti di grandi dimensioni, motivo per cui la mediana risulta notevolmente inferiore (circa 250.000 euro).

Il panorama degli enti analizzati è giovane, con un’età media pari a poco più di 8 anni e una mediana di 6 anni (il 59,3% delle realtà sono state costituite a partire dal 2012, soprattutto all’indomani delle prime norme sulle start-up). Risultano particolarmente giovani gli incubatori sociali, la cui età media è inferiore ai 6 anni. Il panorama complessivo è in evoluzione, registrando  nel 2017 un ricambio nel quale, a fronte della nascita di 6 nuove realtà, altre hanno cessato la propria attività.
Nel 2017 il numero medio dei dipendenti impiegati in incubatori ed acceleratori risulta pari a 5,4, in crescita del 12,5% rispetto al 2016, confermando comunque le dimensioni contenute di queste attività (l’84% ha meno di 8 dipendenti).
Nel 2017 si è assistito a un incremento sia del numero medio (da 14,3 a 18) che della mediana (da 9 a 10) delle organizzazioni incubate, nonostante la stessa ricerca SIM abbia registrato una diminuzione del numero di richieste di incubazione (da 150,6 a 91,6 di media e da 30 a 25 di mediana).
Analizzando le possibili ragioni di questo dato i ricercatori del SIM segnalano, da un lato, la maggior capacità delle organizzazioni di autovalutarsi e, dall’altro, la maggior presenza di altri intermediari (incluse le banche) che, attraverso attività di scouting e bandi, intercettano le start-up e, peraltro, realizzano una prima scrematura delle iniziative poi portate all’attenzione di incubatori ed acceleratori.

Nella seconda parte della presentazione, curata da Fabrizio Core (London School of Economics), si è entrati nel dettaglio dei servizi offerti da incubatori ed acceleratori.

Tra quelli ritenuti più rilevanti dagli enti, si affermano i servizi di accompagnamento manageriale, di individuazione di spazi fisici (molto rilevante per gli incubatori pubblici), di individuazione di finanziamenti e bandi, oltre ad  attività di networking.

In questo scenario, che conferma i dati rilevati lo scorso anno, si nota inoltre come siano ritenuti poco rilevanti i servizi di valutazione d’impatto sociale, di formazione e consulenza su CSR ed etica aziendale. Al contrario, questi servizi sono ritenuti più rilevanti dalle start-up.
Naturalmente gli incubatori sociali risultano in controtendenza, essendo particolarmente attenti a questi servizi e presentando, del resto, un portafoglio di imprese incubate caratterizzato soprattutto da realtà non-profit o ibride (enti for profit che destinano parte degli utili a fini sociali o integrano nella propria mission obiettivi sociali), il cui numero è peraltro in leggera crescita rispetto al 2016.

Rispetto al 2016, inoltre, si assiste a una contrazione della media dei finanziamenti ricevuti dalle altre organizzazioni incubate nel 2017 (dagli 1,46 milioni del 2016 agli 1,18 del 2017).
Cresce al 36,8% il totale di incubatori e acceleratori che possiedono quote societarie nelle organizzazioni incubate (erano il 23,5% nel 2016). Sono 275 le start-up per le quali risulta una partecipazione azionaria da parte di incubatori e acceleratori.
La maggior parte dei costi sostenuti da incubatori ed acceleratori attengono alla gestione della struttura e ai servizi. Le entrate principali derivano da affitti ed erogazione di servizi alle realtà incubate.
Oltre all’analisi dei dati di survey, l’incontro ha ospitato anche una tavola rotonda (moderata da Federico Barilli di “Italia Startup”), alla quale sono intervenuti Renato Galliano (Direttore Economia Urbana e Lavoro del Comune di Milano), Marco Cantamessa (Consiglio Direttivo di PNI Cube, associazione incubatori del mondo accademico), Fabian V. Thobe (Foundr e CEO di “Ricompro.it”) e Lorenzo Vinci di Banca Etica.
Grazie a un dialogo vivace tra relatori e pubblico, sono stati posti all’attenzione una serie di temi: dalle esigenze di investimento nelle start-up, con particolare riguardo al ruolo delle imprese nel loro “scale-up”, ai criteri più rilevanti per la loro valutazione (il livello di investimenti risulta più importante del fatturato). Banca Etica (portando ad esempio la propria ventennale esperienza di valutazione integrata sociale ed ambientale) ha sottolineato l’esigenza di offrire servizi adeguati a rispondere al crescente interesse sui temi dell’impatto sociale, ritenuti sempre più rilevanti per una adeguata valutazione di sostenibilità delle start-up e del loro contributo all’innovazione sociale.

I dati qui riportati sono scaricabili dal “Report Pubblico” disponibile qui.