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Turismo sostenibile in un rifugio di bellezza, a picco sul blu

Turismo sostenibile in un rifugio di bellezza, a picco sul blu

Aggiornamento – Novembre 2021 

Nell’immaginario di molti la Sardegna è luogo per eccellenza di paesaggi dalla natura meravigliosa e selvaggia affacciati su un mare da sogno. Un immaginario che si fa realtà concreta nei pressi di Alghero, sul promontorio di Punta Giglio, falesia di roccia a picco su acque incontaminate e sovrastata dal bosco. E in questo luogo è nato il  Rifugio di mare, scommessa imprenditoriale della cooperativa Il quinto elemento, formata da sette soci provenienti da diverse regioni d’Italia.

Un’avventura che nasce dalla riqualificazione di una struttura militare ormai fatiscente immersa nell’area del Parco naturale di Porto Conte e modellata all’insegna di un progetto di turismo dolce, lento, sostenibile e accessibile.

Non potrebbe essere altrimenti, del resto, poiché il piccolo cantiere da cui il Rifugio di mare è nato si è svolto sotto l’occhio vigile e in stretto coordinamento sia con l’Agenzia del demanio, di cui è la proprietà delle strutture ricevute in concessione, sia con l’Ente Parco, che ha giurisdizione sull’area e col quale è attiva una partnership gestionale, sia con la Soprintendenza. Perché tra l’idea e la realizzazione è trascorso un iter autorizzativo scrupoloso e complesso – che ha coinvolto ben 14 enti preposti al rilascio delle autorizzazioni – a tutela del valore storico degli edifici, del paesaggio naturale, della flora e della fauna locale. I lavori – su indicazione del servizio valutazione impatti e incidenze ambientali dell’assessorato regionale dell’Ambiente – sono stati sospesi per un mese per non disturbare la stagione di nidificazione di alcuni uccelli del posto, con la consulenza di ornitologi esperti.

 

Un iter necessario per poter trasformare in luogo di soggiorno per escursionisti a piedi e in bici e per amanti del mare – con sette camere (20 posti letto) e uno spazio per la ristorazione – la ex batteria antinave SR 413, adibita in periodo fascista all’avvistamento e contrasto di un eventuale sbarco degli alleati durante la Seconda guerra mondiale. Ma non solo. Perché il compendio militare, oltre ad essere messo in sicurezza, ospita anche un museo che valorizza iscrizioni e disegni lasciati dai militari e le tracce rappresentative della sua “vita precedente”.

Proprio per garantire il rispetto del parco, raggiungere la struttura sarà possibile solo passeggiando, pedalando o attraverso un sistema di veicoli elettrici che la cooperativa sta approntando per consentire il movimento degli ospiti problemi di mobilità, nell’ottica del turismo accessibile. Per gli ospiti con ridotta mobilità, che potrebbero avere difficoltà a raggiungere il mare, la Cooperativa Il quinto Elemento ha trasformato quella che era la vecchia cisterna in una vasca ludica per potersi rinfrescare. Sono inoltre previste partnership per consentire soggiorni in questo paradiso a chi non potrebbe permetterselo.

Doris Zaccaria e i soci de Il Quinto Elemento si sono rivolti a Banca Etica per il necessario finanziamento: «Ci siamo accorti che questa è davvero una banca che crede nelle persone», dicono.

Banca Etica ha sposato infatti l’iniziativa riconoscendovi diverse affinità con la sua mission, dal «riuso di un bene pubblico in stato di abbandono nel rispetto dei luoghi e della comunità di riferimento» alla creazione di «occupazione e indotto in una regione con una percentuale di disoccupazione oltre la media nazionale, avvalendosi esclusivamente di artigiani locali», per dirlo con le parole del responsabile della filiale di Banca Etica per la Sardegna, Carlo Usai.

Il dibattito sul territorio e il presidio di Banca Etica

Nelle settimane successive all’apertura del cantiere per i lavori di riqualificazione dell’area e dell’immobile, comprensibilmente, alcuni cittadini si sono preoccupati che fosse in atto una nuova cementificazione con possibili conseguenti danni all’ecosistema.
E’ nato un Comitato per Punta Giglio tramite il quale, purtroppo, sono state diffuse anche informazioni false: chi ha ipotizzato che si stesse costruendo un mega-resort, chi una villa privata, chi ha creduto di vedere procedure opache nell’erogazione del finanziamento.

Fedele alla politica di dialogo costante con le comunità e con i soci e le socie sui territori, Banca Etica, ha organizzato incontri online e sul territorio per raccogliere le istanze e fugare i dubbi.

Dopo l’incontro con le persone socie – racconta il responsabile della filiale di Banca Etica in Sardegna, Carlo Usai – molte delle persone che avevano dubbi sul progetto si sono invece convinte della sua validità. Personalmente conosco bene quel territorio e posso testimoniare che l’ambiente in oggetto non era affatto, come qualche volta è stato detto, un’area non antropizzata a tutela assoluta, dove l’uomo cioè non potrebbe nemmeno avere accesso. Si tratta al contrario di un’area che soltanto nei mesi centrali del 2020 (in piena pandemia) ha registrato, si stima, 20mila ingressi, e che conteneva un manufatto abbandonato intorno al quale sono stati ritrovati amianto, resti di auto, elettrodomestici e ogni genere di rifiuto, dato che la casermetta era utilizzata come luogo di bivacco, con ancora evidenti i segni dei fuochi accesi al suo interno. Credo che la riqualificazione del territorio realizzata oggi risponda all’idea che Banca Etica ha della rigenerazione nel rispetto dell’ambiente e di chi prova a interpretarlo in maniera intelligente, alternativa all’abbandono o alla cementificazione”.

Le autorizzazioni concesse da tutti gli enti pubblici competenti che hanno vagliato il progetto, sono state per Banca Etica una condizione necessaria ma non sufficiente per decidere di erogare il finanziamento. Banca Etica ha infatti effettuato – come sempre fa – anche una propria indipendente valutazione degli impatti socio-ambientali dell’iniziativa, avvalendosi anche dei pareri positivi di importanti associazioni di tutela dell’ambiente e del paesaggio quali Legambiente, Associazioni Borghi Autentici, CSV.

“Alcuni – conclude Usai – hanno contestato le modalità di erogazione del finanziamento. Queste illazioni sono state però mosse da persone che evidentemente non hanno dimestichezza con gli strumenti del credito bancario che si sono meravigliate per il fatto che il fido sia stato deliberato prima che la Cooperativa Il Quinto Elemento avesse ottenuto tutte le autorizzazioni. Bisogna sapere che la “delibera” di fido è valida 6 mesi ed è tutt’altra cosa rispetto all’”erogazione” che – come nel caso di cui parliamo –  può essere vincolata ad esempio all’ottenimento di autorizzazioni. E’ una prassi comune per tutte le banche e per diversi tipi di finanziamento. Nel caso specifico, l’erogazione è stata fatta a giugno e su un “conto bloccato”, cioè non accessibile al cliente se non per chiedere pagamenti documentati a fronte di effettive spese legate al progetto e quindi successive all’ottenimento delle necessarie autorizzazioni. Le spese sostenute nei primi mesi dopo l’erogazione sono state quelle che servivano per completare l’iter di tutte le autorizzazioni ricevute. La somma deliberata complessivamente è stata di 900.000,00 euro. L’erogato, cioè quanto reso via via disponibile alla cooperativa, è ad oggi pari a 896.359,10 euro. La somma è stata messa a disposizione dopo un accurato controllo delle fatture da saldare, che dovevano essere relative all’avanzamento del cantiere e pertanto ammissibili. La linea di credito, in qualità di mutuo chirografario, è per sua natura priva di “garanzie reali” ma è coperta all’80% da una garanzia concessa da Medio Credito Centrale. Banca Etica dove è possibile (come tutti gli istituti di credito) garantisce le linee di credito che concede al fine di ridurre il rischio e gli assorbimenti patrimoniali”.

Al di là dei tecnicismi bancari – che Banca Etica è sempre pronta a spiegare in assoluta trasparenza – la speranza è che il dibattito intorno a questo progetto e la sua effettiva fruizione in primis da parte della cittadinanza di Alghero –  serva a mantenere vivo il dibattito con le comunità locali sui tanti luoghi, in provincia di Sassari, ma non solo, abbandonati al degrado e all’incuria, e sui quali occorrerebbe attivarsi, discutere, immaginare progetti e cercare risorse per realizzarli.