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FINANZA ETICA: ALLEATA DELL’OCCUPAZIONE E DELL’AMBIENTE

Di Andrea Baranes, vice presidente di Banca Etica

Da troppo tempo sembriamo rassegnati a una finanza globale “nemica” del lavoro; una finanza che cerca il massimo rendimento nel minor tempo possibile e per farlo sacrifica i diritti dei lavoratori e – spesso – l’esistenza stesse delle aziende che creano occupazione. Per non parlare dei disastri ambientali e delle violazioni dei diritti umani consumati in nome del profitto.

Ma la finanza può essere diversa!

La finanza etica si basa su scelte radicali definite oltre 20 anni fa: sostenere l’economia reale e non quella speculativa; disinvestire dalle imprese coinvolte nella produzione di armi e nei combustibili fossili e sostenere invece imprese attente all’ambiente, ai diritti di chi lavora e delle comunità locali.

Oggi finalmente – sulla spinta dell’opinione pubblica e di alcuni investitori istituzionali, tra cui anche i sindacati di alcuni Paesi europei e nordamericani – anche la finanza tradizionale inizia a porsi queste questioni, aprendo la strada a un maggiore ottimismo senza trascurare la necessità di vigilare contro il rischio di greenwashing.

Di tutto questo abbiamo parlato oggi a Roma durante l’incontro promosso da Banca Etica con la partecipazione del ministro dell’economia, Roberto Gualtieri, del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini e del responsabile previdenza complementare della Cgil, Salvatore Casabona.

Così la finanza etica sostiene imprese e occupazione in Europa (…e rende il doppio!)

Durante l’incontro Andrea Baranes, vicepresidente di Banca Etica, ha presentato la terza edizione del Rapporto sulla Finanza Etica in Europa a cura di Fondazione Finanza Etica.
Nell’ultimo decennio (2008-2018) le 23 banche etiche e sostenibili europee hanno reso il doppio rispetto al sistema bancario europeo nel suo insieme, con una redditività media annua del 3,57% contro l’1,79%. Non solo: le banche etiche hanno confermato la loro maggiore efficacia nel sostenere l’economia reale e la creazione/mantenimento di posti di lavoro: nel 2018 la concessione di crediti ad attività produttive rappresentava, in media, quasi il 76,11% delle attività totali per le banche etiche e sostenibili ma solo il 39,80% per il sistema bancario europeo, che evidentemente preferisce dedicarsi ad altre attività (investimenti in titoli, servizi finanziari, ecc.).

Se la previdenza integrativa sposasse la finanza etica…

Un ruolo cruciale per la crescita della finanza etica e degli effetti benefici di cui ha dimostrato di essere pienamente capace potrebbero averlo i fondi pensione. Le ingenti risorse finanziarie gestite dai fondi della previdenza complementare in Italia potrebbero essere uno strumento formidabile per sostenere lo sviluppo dell’economia reale e per alimentare un durevole patto intergenerazionale. Ma oggi questo non avviene: di 100 euro gestiti dalla previdenza complementare, solo 24 restano nel nostro territorio e solo 3 vanno a finanziare imprese e attività produttive. Questo approccio sta soffocando quello che avrebbe dovuto essere il circuito virtuoso che, tramite la previdenza integrativa, potrebbe favorire gli investimenti e con essi lo sviluppo del tessuto produttivo del paese, creando occupazione che a sua volta produce risparmio per alimentare nuovi investimenti. E’ quanto emerge da uno studio di Banca Etica, illustrato dal direttore generale, Alessandro Messina.

Ogni giorno che passa perdiamo opportunità preziose (per la collettività). Si tratta di effetti tangibili e numericamente importanti: stando al report di impatto 2019 di Etica sgr, non selezionare gli investimenti dei fondi pensione con rigorosi criteri ESG significa rinunciare ad un moltiplicatore aggiuntivo di nuovi posti di lavoro generati pari a 2,42 (+142% quelli creati nelle aziende ESG rispetto al benchmark) e ad un fattore di maggiore riduzione delle emissioni di CO2 pari a 1,7 (+69% nel paniere ESG). Sono scelte possibili, attuabili da subito. Il Fondo pensione aperto promosso da Banca Etica già lo fa.

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