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Pinsa alla romana, impasto d’amore siriano

Pinsa alla romana, impasto d’amore siriano

A cura di Corrado Fontana, giornalista di Valori.it 

Per chi non avesse fatto studi classici, ma si trovi a passare per la Capitale e, soprattutto, di buon mangiare tipico si interessi, la parola di oggi è “pinsa”. Termine che viene dal latino “pinsere”, che in italiano significa allungare, stendere. E, manco a dirlo, è alla base della famosa pinsa romana, farcita nei modi più fantasiosi e succulenti. Alimento nominato persino nell’Eneide, la pinsa, rispetto alla più diffusa pizza – di cui è parente, ma guai a confonderle –, utilizza un impasto più friabile e digeribile.

Lungi dal voler scrivere l’ennesima ricetta online, ma certi di avervi fatto venire la classica “acquolina in bocca”, va detto infine che, anche a Roma, c’è pinsa e pinsa. E se, oltre al gusto, nella scelta su dove consumarla pensate che conti anche la storia di chi la prepara, non potete che fare una puntatina da PinsAllegra, a due passi da via Nazionale, dove Ramez Rankoussi e la moglie Salwa hanno aperto il loro specialissimo regno della pinsa, romanissima eppure ricca d’amore e di sapienza siriana. Perché ad impastare e farcire, a servire ed accogliere gli avventori, ci sono sempre loro, sorridenti e gentili. Nati a Damasco e fuggiti da una guerra civile che insanguina ancora il Paese mediorientale a più di 8 anni dal principio del conflitto, iniziato l’anno prima del loro arrivo in Italia, nel 2012, con due figli piccoli.

Un esilio forzato che non gli ha impedito di pensare a un futuro qui, investendo sul nostro Paese e sul suo sviluppo, pur a fronte del vento contrario di propaganda che oggi spira forte. E allora Rankoussi, con una solida formazione da contabile maturata in patria, non si è risparmiato, alimentando una semplice passione per la cucina con diversi corsi certificati per diventare cuoco e imparare i segreti della pinsa. E dopo essersi messo alla prova lavorando nella ristorazione per diversi soggetti, ha deciso di fare il salto dell’impresa individuale. Tanto da lasciare un’occupazione sicura per aprire con Salwa la loro PinsAllegra, inaugurata a giugno 2019.

Una startup nata con l’appoggio di Banca Etica, passando per un dettagliato business plan e una fortissima motivazione personale. E per un mutuo da 25mila euro erogato con la garanzia del partner Etica Sgr. «Ci hanno dato una mano grandissima – spiega Rankoussi –, dopo aver chiesto a tante altre banche senza che nessuna ci sostenesse. In mancanza di questo prestito non avremmo potuto portare avanti l’idea, che era un grande sogno per la nostra famiglia, e ora è una grande gioia. Certo, in questo primo anno di attività abbiamo previsto di fare più fatica, ma stiamo iniziando volutamente piano: cominciare a lavorare nei mesi estivi, con un flusso ridotto di clienti, ci permette infatti di accumulare esperienza, in attesa di investire sull’autopromozione da settembre. E già riceviamo riscontri positivi: le persone tornano da noi e ne portano altre. Cresciamo grazie al passaparola. D’altra parte lavoriamo con amore, e siamo arrivati a questo punto dopo aver studiato a fondo il progetto. Avendo compreso che per gli italiani, a differenza di moltissimi altri Paesi del mondo, il cibo non è una questione che riguarda semplicemente il fatto di alimentarsi, ma è cultura. E se non si mette questa consapevolezza al servizio dell’attività, non ci può essere alcun successo».

Per Ramez Rankoussi, insomma, il viaggio prosegue, quotidianamente, dallo studio ai fondamenti culturali dell’Italia, attraverso la pinsa farcita, comunque al centro di tutto. Con la sua lievitazione lenta, per 48 ore, e una bontà che – ammette Maura Isernia della vicina filiale romana di Banca Etica – è stata valutata non solo dalle pagine del business plan. Chiamata a sostenere il duro lavoro dei funzionari in qualche prolungata riunione d’area che necessitava di amore e carboidrati, al profumo di Damasco.