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Etica e cooperativa

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RAGAZZI VICINO ALLA FINANZA ETICA, CON SMEMORANDA

A cura di Corrado Fontana, giornalista di Valori.it 

«I giovani vanno aiutati, vanno protetti, vanno valorizzati perché sono il capitale su cui investire. Sia per un soggetto come Banca Etica, sia per tutti gli altri, perché saranno coloro i quali porteranno avanti la società e il mondo. Troppo spesso vengono catechizzati da noi adulti in modo approssimativo e sbagliato. Invece che stargli vicino ed esprimere per loro comprensione, aiutandoli a crescere. Se diamo ai giovani le condizioni per crescere e maturare credo che non mancheranno le belle sorprese da parte loro. Tuttavia l’esempio positivo deve derivare dagli adulti». È con il pensiero finale che Nico Colonna, direttore e storico fondatore di Smemoranda, ci ha trasmesso che vogliamo iniziare questa intervista. Un viaggio tra le pagine dell’agenda più famosa d’Italia, la sua storia e il rapporto con i suoi lettori e utilizzatori più appassionati, i ragazzi.

Nei dialoghi e negli incontri che avete con loro rientra ogni tanto il tema della finanza, del suo peso positivo e negativo? 

Più che il tema della finanza è quello della prospettiva ad attraversare le menti dei ragazzi. Il tema occupazionale, quello degli sbocchi professionali, che li mette un po’ in ansia, in angoscia. Nel senso che non sentono di avere grandi opportunità. E penso che sia la loro preoccupazione principale, specialmente nelle classi alte delle superiori o all’università. Avvertono poco quanto incida sulla loro vita il livello macro-economico e finanziario, perché vivono in famiglia. Si preoccupano soprattutto della paghetta e di poter fare delle cose. Così, la pagina che abbiamo realizzato per Banca Etica quest’anno è un racconto (in forma di vignetta e divertente, ndr). Perché abbiamo pensato che ci fosse la necessità elementare di cominciare a raccontare questi aspetti ai ragazzi, che su questo fronte sono piuttosto a digiuno. Forse si stanno cominciando a porre adesso i primi problemi esistenziali.

Come è nato l’incontro con Banca Etica, quali affinità avete trovato?

Partirei dal ultimo aspetto, che è ciò che ha poi determinato sintonie e simpatia tra di noi. Ci sono tante affinità. Noi abbiamo costruito una storia, partendo certamente da un prodotto commerciale, che ha tentato di darsi un’immagine espressione e portatrice di certi valori, per cercare di “buttare nella mischia di questi adolescenti” una serie di domande o di risposte che non si sarebbero dati da soli. Abbiamo cominciato, ad esempio, a parlare di razzismo già negli anni ‘90… cercando quindi di introdurre tematiche su cui riflettere, attraverso un’ironia intelligente. Cioè di far sorridere, spingendo però a ragionare. In questa filosofia ci siamo ritrovati con Banca Etica, che ha nella sua mission lo stesso sforzo di essere un po’ controcorrente. E di portare avanti dei valori importanti.

 

Esiste ancora la possibilità che si creino dei percorsi come quello di Smemoranda, nato dal basso ma capace di crescere a tal punto?

Non sono molti i casi in Italia di questo tipo. Smemoranda nacque all’interno del movimento degli studenti di Milano, e questa è stata la grande rivoluzione: perché abbiamo cominciato a ragionare su un prodotto che era finalizzato a noi stessi. Non avevamo un ufficio marketing, ma volevamo realizzare qualcosa che sul mercato non c’era. Perché negli anni ‘70 i diari a disposizione erano orribili. C’è stata una sorta di ribellione di massa, per cui molti utilizzavano le agende normali proprio come diario scolastico. Perché non esisteva un prodotto alternativo. Così è nata l’idea di fare un libro un po’ agenda e un po’ diario, all’interno del quale ci fossero, oltre ai giorni dell’anno, degli interventi scritti e disegnati, un diario lungo 16 mesi per dare più spazio per appunti e scritti propri. E pure l’idea di fare le pagine a quadretti è stata un po’ rivoluzionaria, quando i quadretti erano solo per la matematica e le righe per l’italiano. Tutto ciò nasceva all’interno di questo gruppo di studenti medi di Milano, di area demo-proletaria – in sintonia con il periodo storico –. E il nostro prodotto ha rivoluzionato il suo mercato.

Dal basso e con le idee chiare, insomma…

Siamo nati come una cooperativa che distribuiva scuola per scuola, fino a risultare, negli anni Novanta, una presenza “quasi bulgara” tra gli studenti. Siamo riusciti a creare questo mix tra un oggetto commerciale, un oggetto culturale e un soggetto che trasmette valori. Oggi si parla di ambiente… Smemoranda nel 2006 ha cominciato a compensare le emissioni di CO2 delle sue produzioni piantando alberi, tutti in territorio demaniale. E da allora ne abbiamo piantati 160mila. Un’operazione nata per mettere ossigeno a disposizione del pianeta. E che consideriamo un fiore all’occhiello, poiché nata senza cavalcare alcuna moda, portando avanti una nostra linea culturale originaria.

L’agenda 2020 come compone l’elemento della carta con quello del digitale? E su quali valori punta?

La salvaguardia del pianeta, per fortuna, è diventato un tema di attualità e se ne sono accorti anche alcuni dei grandi padroni del pianeta. Se ne sono accorti milioni di ragazzi, e questo è forse il valore principale che dobbiamo riuscire a trasmettere, sia alle nuove generazioni che ai governanti. Noi ci siamo adattati al protocollo di Kyoto già nel 2006, gli Stati Uniti ancora oggi fanno fatica ad accettarlo. Ma all’interno dell’agenda 2020 abbiamo regalato una serie di pagine a tante associazioni che si occupano di interventi sociali diversi. Da quelle legate all’infanzia a Greenpeace, da Anlaids ad Amref. Per non parlare di Emergency, con cui abbiamo un rapporto storico consolidato. Se quello dell’ambiente è il valore ora più di attualità, c’è anche la solidarietà, la difesa dei diritti, la prevenzione dell’aids.
Quanto alla carta, credo che non morirà mai, alla faccia dei gufi sparsi in giro per il mondo. Perché toccare un foglio è diverso dal toccare una tastiera. Dopodiché, cerchiamo di avere una presenza social significativa e di promuovere un consumo intelligente della carta.

In conclusione, i ragazzi sono davvero così razzisti, cattivi e impauriti come vengono descritti?

Ovviamente sono cambiati tanti elementi strutturali dell’esistenza. Ma i giovani sono sempre stati curiosi, incazzati, a volte appiattiti sulle mode, alla ricerca continua di qualcosa da aggiungere alla loro vita, del divertimento e del cazzeggio. È intrinseco all’animo di ogni giovane mettere insieme tutte queste contraddizioni, più che delle risposte. Tuttavia oggi la società è più cattiva, l’odio spesso prende il sopravvento su altri valori, e credo che sia presente nel mondo giovanile come nella società. Ma c’è anche il resto. Basti pensare ai milioni in piazza nel mondo per l’ambiente: è bastata la scintilla di Greta Thunberg per mobilitarli. I giovani vanno presi con le loro contraddizioni, con la loro voglia di cambiare. E poi c’è una dimensione “mondo” assai più presente rispetto al passato. Una dimensione possibile grazie a internet, ai social, e che può essere, se sfruttata in modo intelligente, molto positiva. Senza dimenticare i milioni di ragazzi impegnati nel volontariato, con enti e associazioni. Mentre la sottolineatura dell’odio penso in parte sia connessa al fatto che ci sono dei cattivi esempi, anche tra chi ci governa.